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"Una finestra su via Ognissanti", di Renzo Samaritani Schneider




Il racconto del venerdì – Una finestra su via Ognissanti

di Renzo Samaritani Schneider

Via Ognissanti, al crepuscolo, ha un colore che non so mai nominare con precisione.
Non è giorno, non è notte.
È quell’ora incerta in cui la città smette di mostrarsi e comincia a confidarsi.

Stavo camminando senza fretta, come spesso mi accade la sera, quando sento il bisogno di rimettere in ordine i pensieri lasciandoli camminare davanti a me. Le pietre della strada trattenevano ancora un po’ del calore del giorno, e l’aria era attraversata da voci lontane, smorzate, come se qualcuno avesse abbassato il volume del mondo.

È stato allora che l’ho vista.

Una finestra illuminata.
Non grande, non appariscente.
Una finestra normale, al primo piano, con una tenda chiara che si muoveva appena, come se respirasse.

Mi sono fermato.
Non per curiosità, ma per quella forma di rispetto che ti prende quando capisci che stai guardando qualcosa di vivo.

Dentro, una lampada accesa proiettava una luce calda, domestica. Non la luce fredda delle stanze di passaggio, ma quella che si accende quando si ha intenzione di restare. L’ombra di una persona è passata lentamente davanti alla tenda, poi si è fermata.
Forse stava sistemando qualcosa.
Forse stava semplicemente pensando.

In quel momento ho sentito chiaramente la differenza tra guardare e invadere.
Non stavo spiando una vita altrui.
Stavo riconoscendo una presenza.

La finestra, così com’era, raccontava una solitudine che non faceva rumore. Una solitudine scelta, abitata, curata.
Non quella che pesa, che stringe, che chiede spiegazioni.
Ma quella che protegge.

Mi sono appoggiato al muro di fronte, lasciando che la strada continuasse a vivere intorno a me. Una coppia è passata parlando piano, un motorino ha tagliato l’aria e poi è sparito. Tutto scorreva, eppure quella finestra restava lì, ferma, come un punto di equilibrio.

Ho pensato a quanto spesso confondiamo l’isolamento con l’intimità.
L’isolamento è una porta chiusa dall’esterno.
L’intimità è una porta chiusa dall’interno.

Quella stanza, dietro la tenda, non era sola nel senso triste del termine. Era raccolta.
C’era qualcuno che aveva scelto di stare con se stesso, almeno per quella sera.
Di ascoltarsi senza testimoni.
Di abitare il proprio silenzio senza giustificarsi.

La tenda si è mossa di nuovo.
L’ombra è tornata a passare, poi la luce si è abbassata appena, come se qualcuno avesse cambiato posizione alla lampada o deciso che bastava così.
Un gesto minimo.
Un gesto che dice: sono qui.

Mi sono sentito stranamente accompagnato.
Non da quella persona — che non conoscerò mai — ma dalla consapevolezza che esistono ancora spazi in cui la vita non è esposta, non è performativa, non è in vetrina.
Spazi in cui non si deve dimostrare nulla a nessuno.

Ho ripreso a camminare lentamente, lasciandomi alle spalle la finestra, ma portandola con me come si porta una buona frase letta per caso.
Via Ognissanti si è allungata davanti a me, e le altre finestre erano ancora buie, in attesa della sera piena.

Ho capito allora che la solitudine, quando è scelta, non è un’assenza.
È una presenza piena.
È il momento in cui smettiamo di cercare compagnia fuori perché, per una volta, siamo capaci di farci compagnia da soli.

E quella finestra, per qualche minuto, me lo ha insegnato senza dire una parola.


Renzo Samaritani Schneider – Trani, dicembre 2025


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