di Renzo Samaritani Schneider
Ci sono anni che si ricordano per ciò che accade.
E poi ci sono anni che restano per come ci hanno trasformati.
Il 2025 è stato uno di questi.
Non un anno eclatante, non un anno di clamori.
Un anno che, piuttosto, ha chiesto lentezza.
Un anno che ha riportato al centro parole semplici e necessarie: cultura, memoria, ascolto, respiro.
Un anno di cultura vissuta, non esibita
Nel corso del 2025 la cultura ha smesso di essere soltanto evento per tornare ad essere processo.
Libri, racconti, incontri, trasmissioni radiofoniche, riflessioni pubbliche: tutto ha avuto un filo comune, spesso invisibile ma tenace.
Non la ricerca del consenso, bensì il desiderio di tenere aperto uno spazio.
Spazio per le domande.
Spazio per le fragilità.
Spazio per una parola che non avesse paura del silenzio.
La memoria come atto vivo
Se c’è una lezione che questo anno ci lascia, è che la memoria non è celebrazione, ma responsabilità.
Ricordare non è guardare indietro con nostalgia: è tenere gli occhi aperti sul presente.
Nel 2025 la memoria è stata attraversata con rispetto, senza retorica, provando a dare voce anche a ciò che solitamente resta ai margini: storie minori, vite comuni, ferite non risolte.
Una memoria che non giudica, ma ricuce.
La cultura come cura
Forse la parola che meglio racconta questo anno è proprio cura.
Cura delle parole.
Cura dei luoghi.
Cura delle relazioni.
In un tempo segnato da accelerazioni continue, il 2025 ha mostrato che fermarsi non è una resa, ma una scelta consapevole.
Che prendersi il tempo per ascoltare, leggere, meditare, raccontare, è già un gesto politico nel senso più alto del termine: prendersi a cuore la polis, la comunità.
Respirare insieme
C’è stato, lungo tutto l’anno, un filo sotterraneo che ha unito iniziative diverse: la necessità di respirare insieme.
Non fuggire dal mondo, ma attraversarlo con maggiore presenza.
La cultura, quando è autentica, fa proprio questo: non alza muri, ma rallenta il passo.
Permette di stare.
Di non reagire subito.
Di capire un po’ di più.
Alla vigilia
Scrivere queste righe il 24 dicembre non è casuale.
La vigilia è per definizione un tempo sospeso, un confine sottile tra ciò che è stato e ciò che verrà.
Il 2025 ci consegna una consapevolezza preziosa:
non sempre servono risposte nuove.
A volte basta imparare a respirare meglio dentro le domande che già abbiamo.
Se porteremo con noi questo insegnamento, allora sì:
questo è stato davvero un anno che ha lasciato traccia.

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